[la Pagina del Capitano]

domingo, enero 12, 2003


E si torna sui libri… Affascinato dal titolo che contrappone seccamente musica e politica, vinco la diffidenza verso l’ostica parola “jazz” e mi butto su Free Jazz Black Power (Einaudi, 1973) di Philippe Carles e Jean Louis Comolli.
Scritto da due francesi con un’ottica talmente “black” da risultare talvolta sconcertante, è un percorso attraverso la musica nera, indissolubilmente legata al contesto politico/sociale e alle lotte della comunità afroamericana, dai blues primordiali del tempo della schiavitù, al jazz che accompagna le prime lotte, dal soul dei tempi dell’integrazione, fino alla fine degli anni ’60, con le prospettive rivoluzionarie del free jazz e del Black Panther Party. In questo modo il libro assolve da un lato un importante compito storico, riscrivendo rabbiosamente buona parte della cultura del jazz e dintorni (senza far sconti, tra gli altri, a Duke Ellington, Louis Armstrong, Jack Kerouac), dall’altro fornisce un’immagine di questa musica lontana dagli stereotipi, primo fra tutti quello del tecnicismo fine a sé stesso, per tracciare l’immagine di un genere musicale che si evolve (o involve, talvolta), in stretto rapporto con la società, alla ricerca di uno stile in cui forma e contenuto coincidano.
E infatti l’argomento più interessante è l’analisi del rapporto fra i musicisti (neri), il pubblico (nero) e l’industria (bianca): la storia di una musica forte (come è forte ogni espressione culturale che riflette la realtà che l’ha generata), pop e intelligente allo stesso tempo, che si confronta con un sistema che cerca di inglobarla e renderla inoffensiva. Altro che il punk/hardcore!
Free Jazz Black Power è una lettura stimolante (sicuramente il mio miglior libro degli ultimi mesi), appassionante e ancora molto attuale, piena di salutari tossine. Non manca qualche contraddizione, ma d’altra parte è coerente con lo spirito del blues, musica pura (tanto che molti jazzisti ne traggono ispirazione nei momenti di crisi del genere) eppure assolutamente bastarda (nascendo dall’incontro/scontro fra musica africana ed europea).


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